Gli esperti stimano un calo del 5% nei prossimi due anni
“Impatto limitato rispetto all’Italia. Incognita mutui
Vendite al palo, ma poche rinunce per alloggi nuovi”

Meno del 5% di qui al 2022. Il calo dei prezzi delle case ci sarà a Milano, ma di entità limitata, e comunque molto più ridotta rispetto a quella delle altre grandi città italiane. La stima è dell’istituto di ricerca bolognese Nomisma che anche sugli immobili non residenziali prevede un impatto ridotto sulle quotazioni rispetto a quello che si registrerà nel resto del Paese. Un altro importante centro studi, Scenari immobiliari, limita la sua ricognizione al 2020 ma segnala per la metropoli lombarda prezzi stabili.

Certo diminuiranno molto le vendite: le prime stime a livello nazionale dicono che i passaggi di proprietà conclusi tra marzo e aprile sono quasi l’80% meno rispetto al 2018 e non è pensabile che con la ripresa graduale delle attività si possa colmare il gap. Sia Nomisma sia Scenari vedono un consuntivo annuo in calo di una quota attorno al 25%.

Ma com’è possibile che a fronte di un forte calo delle vendite i prezzi possano resistere?

La prima ragione è nella sensazione (o la speranza) che tra qualche mese la crisi economica sarà attenuata e chi vuole cedere una casa se non ha bisogno di realizzare preferirà resistere o al massimo concedere uno sconto limitato prima di decidere di svendere anche perché non c’è modo di impiegare il ricavato della vendita in maniera sia sicura sia redditizia. All’epoca della crisi del 2012, che portò anche nel capoluogo lombardo al crollo di vendite e quotazioni, i titoli di stato a dieci anni rendevano oltre il 6% oggi sono all’1,5%.

In particolare non c’è da aspettare che scendano i prezzi delle case nuove. Una parte dei cantieri aperti in città, già prima dell’arrivo del Covid, avevano venduto quasi tutti gli alloggi sulla carta. Inoltre, come spiega Vincenzo Albanese, presidente degli agenti immobiliari della Fimaa di Milano e Monza, “rispetto al 2012 registriamo un interessante fenomeno: sulle case in costruzione, per cui erano già state avviate trattative, sono pochissime, meno del 10%, le rinunce da parte dei potenziali acquirenti. Otto anni fa vi fu una fuga generalizzata”. Secondo Albanese non solo il nuovo ma anche l’usato di qualità non dovrebbe risentire della crisi. “Due mesi di permanenza forzata nelle nostre case ci hanno insegnato quali sono i difetti delle abitazioni in cui viviamo e sicuramente chi vorrà cambiare se ne ricorderà quando si tratterà di scegliere”.

Un altro aspetto che dovrebbe mettere al riparo Milano è il fatto che in città il ricorso ai mutui è certamente molto diffuso ma meno che nel resto del Paese. La maggiore incognita che pesa sul mercato del mattone è se le banche continueranno a fare credito ipotecario e con quali criteri. “ Nel capoluogo lombardo –stima il presidente di Scenari Immobiliari Mario Breglia- solo il 20% degli acquisti è per la prima casa, il 60% è per i miglioramento abitativo e il 20% per investimento”. Chi compra un’abitazione per costituire una nuova famiglia o per non stare più in affitto, di norma paga ricorrendo a un intervento molto rilevante del mutuo (70-80%) e ottenere credito potrebbe risultare difficile. Ma chi acquista per migliorare, sommando il ricavato della vendita ai risparmi spesso ha bisogno di una quota minore di finanziamento e chi acquista per investimento di norma accende il mutuo solo se i tassi sono molto bassi, come oggi, per una quota ridotta.

13 maggio 2020
di Gino Pagliuca
Corriere della sera
Milano L’Economia