La rivalutazione delle case dal 1985 ad oggi nelle zone centro storico, Magenta e San Siro: il capoluogo lombardo dietro solo a New York. «Beni rifugio di élite». La crisi non ha intaccato il mercato di altissima fascia.

Trattative in corso per una villa stile liberty in zona XX Settembre: 20 milioni. Un’altra in via dei Giardini: 55 milioni. Un’altra ancora per un attico in porta Venezia, 750 mq più 300 di terrazzo: 9 milioni. E ancora da marzo ad oggi, sono stati firmati i rogiti per una casa da 3,5 milioni in piazza Oberdan, un attico da 3 milioni in via Revere, proprio davanti alla villetta di Luigi Berlusconi, e una palazzina vicino alla sede di Regione Lombardia, per un prezzo appena inferiore. Numeri da capogiro, cifre incredibili. Ma chi si compra alloggi così? Spiega Barbara Magro, che sta gestendo tutte le operazioni con la sua Luxury Real Estate: «La crisi economica che ha messo a dura prova larghi strati di cittadinanza non ha intaccato il mercato di altissima fascia. In questo comparto le contrattazioni hanno rallentato ma non si sono mai interrotte e adesso si perfezionano. Segno che la fiducia degli investitori più abbienti sulla città di Milano non è venuta meno».

Paiono frasi fuori contesto se si pensa all’immobiliare milanese che ha appena cominciato a riprendersi dal colpo di marzo e aprile, con compravendite dimezzate (meno 52 per cento) e prezzi che tengono a fatica. «Il numero delle contrattazioni superiori al milione di euro di valore è il 5 per cento del totale, si tratta di un segmento di nicchia. Ma straordinariamente vitale anche nei momenti di profonda crisi economica e dunque importante dal punto di vista dell’immagine», ragiona Mario Breglia, alla testa di Scenari Immobiliari. La società̀ di consulenza ha condotto una ricerca confrontando per la prima volta su trentacinque anni (dal 1985 ad oggi) i prezzi delle case di lusso nei quartieri più «in» di cinque grandi città: oltre a Milano ci sono New York, Parigi, Londra e Roma.

Dal calcolo della rivalutazione dei prezzi (scorporata l’inflazione), Milano esce seconda in classifica dopo New York e prima di tutte le altre. Nella grande Mela, nell’arco di tempo considerato, i prezzi sono saliti del 133 per cento, a Milano del 130 per cento. Poi vengono Londra (+124 per cento), Parigi (+80 per cento) e Roma (+73 per cento). «In 35 anni il valore di queste case, veri e propri beni rifugio, è più che raddoppiato e ha fatto molto meglio dell’oro, cresciuto del 7 per cento — calcola l’esperto —. Questo è un mercato molto resiliente alle crisi e continua ad avere una capacità di attrazione continua nel tempo, proprio come accade a New York, dove ha ovviamente dimensioni molto più ampie».

Al netto delle fasi di calo e ripresa, «il vero valore di queste case è la capacità di resistere nel tempo, immuni da crisi economiche e a quanto pare anche sanitarie». Per Milano la ricerca considera il centro storico, zona Magenta e San Siro, a New York Midtown Manhattan e Central Park, a Parigi il Trocadero e tutto il VII arrondissement. «Ci sono quartieri in ascesa in ognuna di queste città ma hanno bisogno di tempo per consolidare i valori. Duole notare come nell’arco degli stessi 35 anni, gli immobili nelle periferie, lungi dal rivalutarsi, si sono deprezzati».

Ma chi sono i compratori che nella riservatezza più totale, comprano anche in questo periodo? «Sono italiani che vogliono cambiare casa e professionisti stranieri che avevano deciso di trasferirsi da Londra o dalla Germania prima del Covid, e non hanno cambiato idea», risponde Magro. Riporta con i piedi per terra l’assessore regionale al Lavoro Melania Rizzoli: «Cantieri e ristrutturazioni sono ripartiti, la domanda c’è e principalmente non sono case di lusso. Da valorizzare è l’immobiliare nel suo complesso che può aiutare la ripresa economica — raccomanda l’assessore —. Il rinascimento edilizio che osservo mi fa ben sperare per l’occupazione in Lombardia, che tanto ha sofferto in questi mesi».

di Elisabetta Andreis